Punk's not dead e l’edilizia? (edilizia e makers 2)
Chi è della generazione X (tra anni 60-70) o
anche un po' più giovane si ricorderà, a cavallo degli anno '80 e '90 le
scritte sui muri “punk's not dead”.
E la storia lo conferma..
La nascita del movimento punk è stata più volte correlata con l'attuale
fenomeno dei Makers (vedi Chris Anderson in” Makers”, e David Gauntlett in “La società dei
Makers”.
Semplificando e parzializzando molto le dissertazioni degli autori, l’analogia
principale risiede nel fatto che chiunque poteva prendere una chitarra e fare
un gruppo punk, così come adesso
chiunque può produrre qualcosa in modalità DIY e condividerlo.
La componente di ribellione punk è in realtà non trascurabile anche nel
nuovo movimento DIY o dei Makers. Il tentativo di democratizzazione di una
tecnologia o di una conoscenza bene o male è sempre un atto rivoluzionario che
si contrappone ad un “mainstream” da contestare.
E’ interessante notare come vari settori abbiano subito nel tempo trasformazioni
connesse ad uno spirito “indie” in contrasto con un “qualcosa” da cui
staccarsi.
Ad esempio:
L’agricoltura ha cercato di rivalutare il ruolo della filiera corta, della
multifunzionalità e della diversificazione contro una industrializzazione del
settore.
Nel campo musicale ricordiamo il punk e lo spirito LO-FI contro le principali etichette e la
musica di massa etc
Nel campo del software l’avvento dell’opensource contro i colossi delle
software house
Nel campo dell’hardware e delle nuove tecnologie l’ingresso dell’open
source e dei makers.
Nel campo dell’alimentazione lo SLOW-FOOD contro il FAST-FOOD (per
esemplificare con due termini tutto il mondo che ci sta dietro).
Nel campo della medicina le medicine alternative etc etc
Tutte queste “mutazioni” hanno molto in comune, e tutte, pur essendo nate
come “nicchie” hanno lasciato un segno profondo (per chi non fosse addentro
all’hardware open source, concetto relativamente recente, basti pensare che la
scheda arduino ha certamente superato la vendita delle centinaia di migliaia di
pezzi e la “moda” delle stampanti 3D nasce in hardware opensource).
Comunque la
bibliografia su questi argomenti è vastissima.
Un mondo che sembra sia rimasto immune, è quello dell’edilizia dove,
certamente concetti ad esempio di autocostruzione o di architettura partecipata
sono stati ampiamente trattati, ma nel panorama costruttivo attuale non hanno
lasciato un segno realmente tangibile, se escludiamo casi rimasti realmente di
nicchia (si pensi ad esempio alle case in balle di paglia).
E’ chiaro che l’aspetto burocratico e normativo (interessante ad esempio
una interrogazione avanzata alla giunta
della RER) e la tendenza del settore all’utilizzo di sempre più figure
professionali/artigianali ultra specializzate non aiuta ma i motivi non penso
siano solo questi, una componente è anche sicuramente data dalla mancanza di “innovazione
del basso” nel settore che sarebbe interessante sviluppare.
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